Libera Università di Alcatraz
I° festival dedicato alla Musica ed alla Parola
Jacopo Fo's blog
In questo momento drammatico per il nostro Paese l’unica cosa che ha veramente importanza strategica e' la sfida dell’ARTE. Perche' di fronte alla sfida dell’arte tutte le altre difficolta' non hanno piu' importanza.
Carissime persone meravigliose che trovate il tempo per leggermi, oggi ho
una grande notizia da darvi: ad Alcatraz, la Libera Repubblica che ben
resiste, c’e' stata un’esplosione di musica e rivoluzione. Una cosa
veramente scioccante. Mentre vi scrivo il fenomeno e' ancora in corso. Ma
non si tratta solo di musica, c’e' stato un incontro di esseri umani che
negli anni hanno seguito strade parallele. Si e' parlato, raccontato storie,
sogni e sensazioni. Lo so che qualcuno stara' pensando che sto pompando un
articolo pubblicitario. Invece vi voglio parlare di un evento umano e
politico.
In effetti non abbiamo mai, neanche per sbaglio, nominato il deludente
momento politico che stiamo attraversando. Avevamo altri grilli per la
testa.
Cerco di spiegarmi con un minimo di ordine senno' rischio di fare un
discorso emotivo che non si capisce.
Chi di mestiere fa arte sa bene che lo spirito creativo
ha bisogno di energia. Lavorare con gli altri da' energia.
Quando sei giovane l’inizio del lavoro e' legato a situazioni collettive.
Quando avevo 22 anni e lavoravo al Male, settimanale sublime di satira, il
mio grande piacere erano le riunioni di redazione. Trovarsi in una grande
stanza, intorno a un tavolone da disegno di 4 metri per 8, insieme a Pino
Zac, Angese, Vincino, Scozzari, Perini, Liberatore, Pazienza, Cinzia Leone
(la disegnatrice e scrittrice, non l’attrice), Cagni (Carlo Zaccagnini)
Mattioli, Pasquini, Sferra, Tamburini e altri notevoli ingegni, era un
piacere, un fuoco d’artificio di idee che venivano buttate via tra gli
schiamazzi e gli insulti. Un gioco che improvvisamente diventava metodico,
istericamente dedito alla cura dei particolari, ordinato e disciplinato come
e' a tratti il gioco dei bambini. Era come se dovessimo scavare una
montagna, tirando fuori tutte le idee stupide fino a quando emergevano i
diamanti delle idee geniali.
Questa era la cosa che mi piaceva di piu', molto piu' del successo.
C’era la magnificenza di uno stato di grazia collettivo, la sacralita' di
questo fondersi mentalmente fino a creare una macchina capace di portarci
laddove nessuno di noi sarebbe riuscito ad arrivare da solo.
E le idee che nascevano cosi' avevano una forza comica talmente forte che
furono capaci di paralizzare gli eserciti della noia malvagia.
E non lo dico per dire. I fatti sono la prova.
Penso che tu possa immaginare che esistano decine di leggi che mi
impediscono di stampare centocinquantamila copie del Corriere della Sera e
venderle in edicola guadagnandoci sopra spudoratamente. C’e' furto, truffa,
appropriazione indebita, violazione di tutti i diritti d’autore, violenza
privata, millantato credito, raggiro, circonvenzione di incapace e chissa'
cos’altro. Non so se hai idea di che belve siano gli avvocati del Corriere…
Fanno paura.
Se poi sul falso Corriere della Sera ci scrivi oscenita' tipo: “La
finalissima dei Mondiali, persa dall’Italia, e' stata annullata perche' i
brasiliani si sono masturbati negli spogliatoi prima di scendere in campo”,
ai reati sopraddetti si aggiunge il turpiloquio, l’oscenita' in luogo
pubblico o comunque aperto al pubblico compiuta da una o piu' persone
contemporaneamente allo scopo di sovvertire l’ordine pubblico,
l’associazione criminale e forse pure la banda armata.
Aggiungiamo che era il ’78, avevano ammazzato Moro, Prima Linea sparava per
le strade, la Digos abbatteva i terroristi senza processo con una raffica di
mitra, e si puo' capire che non era il periodo adatto per fare i cretini.
Noi decidiamo di uscire in edicola con una serie di falsi osceni del
Corriere della Sera, La Repubblica, Il Corriere dello Sport, La Stampa. E ci
scriviamo sopra delle cose pazzesche:
Annullati i Mondiali
Lo Stato si e' estinto
Sbarcati gli extraterrestri in Brianza
E’ Tognazzi il capo delle Brigate Rosse (Vianello commenta: “Lo
sospettavo!”)
Io ero convinto che saremmo finiti tutti in prigione per questa follia
iconoclasta. E mi andava bene cosi'. Ci si giocava il tutto per tutto. Il
processo sarebbe stato veramente divertente. Gli anni di carcere forse no ma
ne valeva la pena. Invece la gente inizio' a ridere, a ridere tanto forte
che divenne un fenomeno di massa. Era pieno di buontemponi che usavano i
nostri quotidiani falsi per fare scherzi ad altre persone, che poi correvano
all’edicola a comprare una copia del Male per fare pure loro uno scherzo. Un
virus. E incredibilmente neanche Agnelli, che era il re d’Italia ed era
veramente cattivo, ci denuncio' per il falso della Stampa.
Ora io vorrei osservare che questa nostra impunita' era proprio un fatto
incredibile. Avevamo colto nel segno comico e avevamo cosi' dimostrato che
perfino le leggi piu' sacre, quelle sulla proprieta', si vaporizzano se sei
capace di produrre un sufficiente livello di shock comico, se tocchi vertici
della qualita'. Perche' i nostri falsi erano tecnicamente perfetti.
Se avessimo lavorato solo un briciolo al di sotto di quel livello ci
avrebbero fucilati tutti.
Intendiamoci, erano furenti. Incazzati come iene alle quali hanno
schiacciato i coglioni. Ci venivano anche addosso, ma senza convinzione.
Tutta la redazione si fece mezza nottata in cella perche' avevamo fatto un
discorso del Papa, imitando Wojtyla che parlava per la prima volta come
pontefice, dal balcone di via Lorenzo Valla, dove una palazzina a 3 piani
era la sede del giornale. Perini, in costume, faceva il Papa. Ci serviva per
un servizio fotografico. Stava in mezzo a due suore che erano uno schianto,
Sferra era il chierichetto.
Io, avevo avuto l’idea e, colpo di culo, esco dalla redazione un minuto
prima che arrivino le volanti della polizia che si portano via tutti. Da
quel giorno Perini mi ha odiato. E comunque la polizia impiego' otto ore a
capire che non esiste reato se ti affacci alla finestra di casa tua vestito
da Papa e parli alle masse. Per giunta alle 5 del pomeriggio, in via Lorenzo
Valla che non ci passa nessuno. Che reato e'?
Non lo sapevano.
Un’altra volta pubblicammo la mappa dell’isola dell’Asinara, dove c’era un
carcere di massima sicurezza pieno di brigatisti rossi.
Arrivo' al giornale la Digos in assetto di guerra, erano convinti di dare
l’assalto a un covo terrorista. Urlavano che avevamo pubblicato una mappa
coperta da segreto militare e che dovevamo assolutamente dire come ne
eravamo entrati in possesso. L’idea di pubblicare la mappa dell’Asinara con
un piano di fuga idiota, non l’avevo avuta io. Comunque, colpo di culo, ero
andato al bar a farmi un cappuccino con 3 cornetti alla marmellata, per cui
al momento non ero presente, me l’hanno raccontata. Perini prese a odiarmi
di piu'.
Il nostro avvocato impiego' due ore a spiegare alla Digos che la
pubblicazione della mappa dell’Asinara non rappresentava nessun episodio di
spionaggio, violazione del segreto militare, terrorismo, banda armata,
attentato alla costituzione repubblicana o altro, per via che la mappa
l’avevamo semplicemente presa dall’atlante De Agostini, che non rompessero
le palle. Vendevamo mediamente 80 mila copie la settimana ed eravamo
talmente simpatici che per noi lavoravano gratis degli avvocati che avevano
il codice penale al posto del cuore e sapevano tirare di karate'.
Ogni tanto ripenso alle vignette che facevo. Certo mi sono fatto la fama del
pazzo, e la pago ancora, ma era veramente incredibile che ce lo lasciassero
fare. Andavamo contro tutti i tabu', disegni osceni, battute indecorose sui
morti e sui feriti, eravamo iconoclasti, distruttori della pace mentale,
provocatori ironici, spietati, irriverenti, maleducati, volgari, sporchi. Il
titolo della rivista, Il Male, era la promessa di uno schiaffo alle idee
perbeniste che nascondevano gli orrori di un’Italia nella quale la tortura
era all’ordine del giorno nelle carceri e negli ospedali psichiatrici.
Un’Italia dove i potenti avevano il diritto di ammazzare centinaia di operai
nei reparti verniciatura e non riuscivi neanche a far iniziare un processo.
Il giornale fu sequestrato per un centinaio di volte. Ma era una cosa
ridicola. Noi sapevamo che a denunciarci era un gruppo di esaltati
dell’Aquila. Appena il giornale andava in edicola lo compravano e andavano a
denunciarci in tribunale per oscenita', vilipendio della religione di Stato,
vilipendio di capo di stato straniero, vilipendio del Presidente della
Repubblica Italiana, vilipendio della Magistratura, vilipendio delle Forze
dell’Ordine, turpiloquio, pornografia, ateismo, paganesimo, istigazione a
delinquere, coprofilia e uso evidente di sostanze stupefacenti.
Allora noi a L’Aquila il giornale lo mandavamo con un giorno di ritardo,
cosi' quando arrivavano a sequestrarlo i carabinieri, era gia' bello che
distribuito ovunque. A quel punto entravano in gioco gli edicolanti, che ci
adoravano, e nascondevano le copie e dicevano agli agenti che le avevano
gia' vendute tutte. Poi le spacciavano clandestinamente a clienti con i
quali avevano patti corsi di fedelta' e silenzio.
Ci sequestravano tutte le settimane e vendevamo 80 mila copie lo stesso.
Impossibile anche questo.
Io, modestamente, mi beccai 87 denunce, piazzandomi al primo posto della Hit
Parade, ma siccome mi firmavo Giovanni Karen, quando arrivava la notifica
dicevamo che non mi conoscevano.
Tutto sto racconto rievocativo per dire che la magia dell’arte e' proprio magica. E dirlo non e' banale, e' esperienza, e' una roba che viverla da' tanto. Ma proprio tanto. Cose che te le porti nella tomba, mica come le Rolls Royce, che tocca che le lasci qui.
Quello che e' successo in questi giorni e' stato vedere assieme musicisti
e cantanti straordinari, danzatori, web master, fonici, pittori, scrittori,
musicoterapisti, massaggiatori, poeti, fotografi, videoteppisti, tutti a
ballare, a chiacchierare mangiando i cibi cucinati da Angela Labellarte e
Beatrice Faccini, ridere e scherzare in amicizia.
Le idee hanno iniziato a venir fuori a raffica e io ho risentito quel
feeling potente.
E credo con ancor piu' forza che questa sia la via che dobbiamo perseguire.
Ad Alcatraz organizzeremo altri incontri con l’obiettivo di mettere insieme
grandi appassionati professionisti di diverse scuole, dall’ingegnere al
claun, e goderci lo spettacolo della creativita' che inizia a girare.
Sospetto che se seguiremo questa strada avremo molte sorprese oltre a
divertirci e assaporare il gusto del pensiero di gruppo.
Abbiamo bisogno di idee virali, di giochi assurdi che coinvolgano le persone
emotivamente per stare meglio noi e anche per far saltare il punto di vista
grigio che sta asfissiando l’Italia. Abbiamo bisogno di radunare un pugno di
eroi per creare un vortice comico.
Noi combattiamo sul fronte del gioco.
Per inciso la frase di apertura di questo pezzo, sulla sfida dell’arte che toglie valore a ogni altra difficolta' e' stata scritta da Friedl Dikers-Brandeis, grande pittrice, mentre era detenuta nel campo di sterminio di Therensiestadt. E la scrisse dopo che era riuscita, incredibile, a farsi dare dall’assassino che dirigeva il campo, una stanza, colori, pennelli e carta per tenere un corso di pittura per i bambini che quei mostri stavano uccidendo. Impossibile. Lei mori' in quel campo, i suoi allievi morirono. Tutti eccetto due bambine che poi divennero pittrici.
PS
Ringrazio con tutto il cuore Imad Zelala e Nando Citarella che hanno
organizzato e gestito il festival (http://www.alcatraz.it/ut_festival.html)
e Tony Esposito, Carlo Faiello, Sergio Laccone e i Sud Sound System con i
quali in questi due primi giorni di festival ho trascorso momenti
impagabili.